Elisa Liberatori Finocchiaro: “Il cesareo può essere anche bello, come il mio”




Oggi un’intervista che avevo voglia di fare da tempo e il destino ci ha messo lo zampino. Elisa Liberatori Finocchiaro è una blogger che ha scritto un articolo molto interessante sul cesareo e sul fatto che spesso il mondo della maternità – in questo caso il parto – sia disseminato di ideologie. Io di cesarei ne ho avuti due e devo dire che concordo in pieno con ciò che ha scritto. Ecco quindi cosa ha raccontato a post-partum.it.

Mi ha molto colpito il suo articolo su Il Fatto Quotidiano intitolato “Contro le integraliste del parto naturale”:  delle volte il cesareo viene demonizzato, dimenticando che si tratta di una tecnica salvavita. Vorrei chiederle due cose: di fatto secondo lei non manca una “cultura” del parto cesareo? E all’opposto: non le pare che alcune madri pensino che sia una soluzione comoda, più semplice, per non sentire il dolore del travaglio?

Credo che in Italia il cesareo si faccia spesso e poi però venga vissuto male, come se fosse un non-parto. Addirittura da alcune donne viene portato con vergogna, come se quella cicatrice significasse una mancanza in quanto madri. Al contrario per quanto riguarda la seconda domanda, optare per una soluzione “comoda” con il cesareo, questo non è teoricamente previsto e nelle strutture sanitarie il cesareo si dovrebbe fare sempre per una ragione precisa.. Per il dolore fortunatamente al giorno d’oggi abbiamo l’epidurale.

Io non sono un medico ma una blogger che attraverso un blog post, ha solo cercato di raccontare la propria storia e la propria opinione.

Ho scritto per quelle donne – tante, a giudicare anche dai messaggi che ho ricevuto dopo il post – che si sono sentite giudicate per aver fatto un cesareo proprio da una categoria di persone intransigenti e preoccupate di convincere piuttosto che di informare. Ho scritto anche perché ci sono donne che un cesareo lo avrebbero voluto ma non è stato loro concesso e per questo si ritrovano a soffrire di una serie di effetti collaterali talvolta gravi (il prolasso dell’utero è uno dei più lievi tanto per fare un esempio) a seguito di un parto vaginale (non sempre “naturale”). C’è anche questo dato di fatto e nessuno ne parla. 

Diverse madri che partoriscono con cesareo si sentono in qualche modo defraudate della nascita. Secondo lei quanto vengono influenzate da ciò che viene detto loro magari nei corsi pre parto o dagli operatori sanitari che la seguono durante la gravidanza?

Io, “nonostante” abbia avuto un cesareo, ho avuto un cesareo bellissimo! Il giorno dopo camminavo, non ho avuto dolori e non ho preso antidolorifici, mio figlio ha avuto 10 su 10 di apgar, mi è stato dato ancora tutto sporco e siamo sempre stati noi tre, soli (mamma, papà, filgio). Al corso preparto ci avevano parlato del cesareo come di una disgrazia. Io invece ho un ricordo meraviglioso del parto. Durante tutto il tempo dell’operazione parlavo e ridevo. Un’ostetrica ha appoggiato il bimbo nudo sulla mia pancia appena nato e lui ha cercato da solo il capezzolo. Per me questo ha significato tanto e dopo il post ho ricevuto proprio tanti ringraziamenti per questo. Tante donne hanno letto attraverso il post una narrazione positiva del parto cesareo e dunque del proprio parto e hanno finalmente sentito che non conta da dove abbiano fatto uscire il bimbo.

Non è poi detto – come scrive nel suo articolo – che naturale significhi sempre secondo natura, visto che nel travaglio possono intervenire eventi esterni come manovre, scollamento delle membrane, ossitocina. Eppure un brutto parto può segnare in profondità una donna, non soltanto per la sua vita sessuale futura, ma anche emotivamente contribuendo alla depressione post partum. Come mai non se ne parla?

Tutta una serie di pratiche ipermedicalizzanti rendono il parto vaginale tutt’altro che naturale. Io ho preferito un parto cesareo al trattamento che ho visto riservare a molte conoscenti. Trattamenti come quelli elencati nel post (ventosa, manovre, induzioni, episiotomia) che tra l’altro credo comunque siano altrettanto costosi per la spesa pubblica se è di questo che vogliamo parlare.

Di fatto nella mia situazione probabilmente sarei andata incontro ad una di quelle pratiche, oppure, come mi ha confermato il dottore che mi ha fatto partorire, avrei comunque dovuto fare il cesareo di emergenza. Sapevo che un parto con bambino non cefalico fosse possibile anche per via vaginale ma più rischioso e doloroso. Questo mi è bastato per desiderare, in consapevolezza, il cesareo, qualora il bimbo non si fosse girato prima della data prevista del parto. Fortunatamente ho alla fine pianificato il cesareo con anticipo: due settimane prima della dpp, avevo infatti già le contrazioni e il bambino si presentava di spalla (posizione ancor più complicata per un vaginale)! Il cordone da solo non giustifica il cesareo, ma nel nostro caso, secondo il medico era ciò che impediva a mio figlio di posizionarsi bene. 

Come ho accenato prima, non se ne parla perché di base la cultura dice che la donna è fatta per partorire con dolore. Che la sua abilità deve essere quella. C’è tutto un immaginario di eroismo becero che vede la donna soffrire, rischiare e infine partorire, prendendo posto lì dove la natura la colloca. Come se la qualità della donna stesse in quell’eroismo. E quindi se hai avuto un brutto parto non devi permetterti di parlarne, sarebbe contro natura.




Le madri secondo lei sono sufficientemente informate sulla maternità?

Ci sono tanti corsi pre-parto gratuiti, che credo preparino molto le donne e anche gli uomini. Il problema però, come ho accennato nel post, è che per ogni singola questione ci sono tantissime scuole di pensiero, talvolta contrapposte. E ognuno cerca di convincere la madre della bontà della propria scuola. Io credo che non esistano tante regole assolute e che una volta informata, la madre deve optare per la scelta che la rende più felice a livello emotivo e di pancia.

Negli ultimi anni si è assistito ad un progressivo affermarsi del naturale, nel senso più generale del termine: non soltanto il parto, ma solo l’allattamento al seno, il portare in fascia, gli omogeneizzati fatti in casa, fino allo svezzamento vegano e alle derive purtroppo più drastiche come la scelta di non vaccinare. Qualcuno sostiene che si tratti di maggiore consapevolezza sulla salute dei propri figli, qualcuno che sia estremismo. Qual è la sua opinione in proposito?

Il giusto trend a riscoprire la bellezza di gesti naturali – scientificamente dimostratisi come migliori per madre e bimbo, come l’allattamento al seno o la tendenza a portare il bimbo in fascia – non deve diventare ideologico. Se una mamma non riesce ad allattare non deve sentirsi una fallita, perché è molto meglio un biberon di un seno dato con infelicità, frustrazione o dolore.

Queste importanti fasi della vita sono pervase di cultura, di antropologia, non si tratta di meri eventi naturali. E spesso i progressi scientifici (che sono poi la nostra cultura in quanto occidentali, le nostre pratiche attorno al corpo), hanno permesso di ridurre drasticamente la mortalità infantile e materna; penso a cose che salvano la vita appunto, come vaccini e cesareo.

Quando il ritorno alla natura diventa un’ossessione ideologica, dimostra proprio il suo contrario: quanto gli occidentali siano paradossali e innaturali.

Foto credits: Elisa Liberatori Finocchiaro

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