Una mamma con la depressione post partum è una persona irrisolta?

domanda

Ne discutevo ieri con una mia amica. Io penso di sì, almeno per quanto riguarda me: altrimenti non sarei andata in terapia. Perché dico così? Perché ho una serie di problemi grandi e piccoli che ho portato anche durante le mie sedute e su cui sto lavorando:

  • Sono ancora troppo figlia dei miei genitori e questo non aiuta: in sostanza non mi sono ancora svezzata
  • Ho paura che mio marito, la persona più importante della mia vita, possa ammalarsi improvvisamente e che muoia lasciandomi sola
  • Mi mettono un’ansia tremenda le situazioni nuove, le persone sconosciute e in generale tutto ciò che non posso controllare. Di fatto poi quando mi ci trovo in mezzo dimostro una calma zen che non fa per nulla capire il mio travaglio interiore.

Che allegria, eh? Posso assicurarvi che prima del percorso psicologico era anche peggio, ma ci sono delle paure ataviche, che una si porta dentro dalla notte dei tempi e che fa fatica a scrollarsi di dosso.

Forse sono io che vedo la situazione con un paio di occhiali neri, come quando avevo la depressione post partum. Proprio l’altro giorno ho detto a mio marito: “Ma come ho fatto a non volere bene alla Paola per tanto tempo?”. Oggi la amo di un amore senza definizione, perché ciò che provo per lei non si può spiegare: non ha confini, non si può contenere. Eppure c’è stato un tempo in cui dubitavo che sarei stata anche solo in grado di farle un po’ di spazio tra i miei pensieri.

Mio marito mi ha risposto: “Secondo me non è vero ciò che dici. Nonostante la depressione sei stata una buona mamma lo stesso e ti sei presa cura di Paola”. Ecco, forse tutte le nostre paure, tutto ciò che non si può spiegare perché ci rende fragili, potrebbe essere spazzato via da una sola parola (anzi due). E vi assicuro che “buona mamma” è un ottimo punto di partenza: per niente scontato.

Per il resto: ci si può sempre lavorare.

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