“Tanto tu sei forte”: Eugenio Montale, la fede e l’aborto

Ho tanta fede in me
e l’hai riaccesa tu senza volerlo
senza saperlo perché in ogni rottame
della vita di qui è un trabocchetto
di cui nulla sappiamo ed era forse
in attesa di noi spersi e incapaci
di dargli un senso.

Ho tanta fede che mi brucia; certo
chi mi vedrà dirà è un uomo di cenere
senz’accorgersi ch’era una rinascita.




Queste sono alcune delle strofe di Ho tanta fede in te, una poesia di Eugenio Montale, maestro delle parole che non avevo mai considerato un gran che a scuola ma che ho riscoperto oggi che di anni ne ho quasi 35. Mi piace l’idea che nessuno si accorga che dalle ceneri in realtà non ci sia la fine, ma un nuovo inizio. E’ quello che ho provato io dopo aver toccato il fondo con la depressione post partum e che sto cercando di fare ora a seguito dell’aborto, anche se per ora con scarsi risultati.

Il fatto che rida, scherzi, vada in giro, faccia la mamma, la moglie, la lavoratrice, non mi toglie il mio lutto. Anzi. Solo che fingo in continuazione che non ci sia. Ma non perché voglia io. Perché chi mi vuole bene preferisce così. “Perché tanto tu sei forte”. E’ quello che mi ha detto una mia amica annunciandomi che alla festa per il compleanno di sua figlia  – alla quale siamo invitati anche noi – ci saranno un paio di donne incinte, io che ho perso un bambino un mese fa. E allora sfodero la mia miglior faccia e vado in scena. Recito la parte di me stessa, ma solo a tempo. Almeno la sera voglio togliermi il trucco che mi costruisco con tanta cura durante il giorno. 
Ecco, non so se ve ne siete accorti – nel qual caso ve lo dico io – le persone forti, quelle che voi ritenete essere in grado di passare qualsiasi tempesta senza esserne quasi minimamente scalfite, si rompono i maroni a sentirselo dire. E non perché magari non lo siano, ma perché chi lo afferma in questo modo delegittima le proprie responsabilità. “Eh, tanto tu sei forte”. Significa: tanto te la sai cavare da sola.

Eh no. Io me la cavo da sola – e quando intendo sola comprendo anche mio marito che per me è un tutt’uno con ciò che sono – perché lo devo fare. Perché non c’è nessuno disposto ad ascoltarlo e a prenderselo un po’ il mio dolore (tranne la mia terapeuta, ma lei è anche pagata per farlo quindi è un altro discorso). Io allora lo spargo, indifferentemente a chiunque, purché si stacchi da me. Purché non mi appartenga più. Alla sera prendo a pugni il cuscino affinché la rabbia non mi avveleni. Per non urlare di fronte all’ennesimo annuncio di futura mamma. Chi non ci passa non lo sa, non sa cosa si prova. Le persone forti hanno bisogno di cedere, ogni tanto. E io non è che non lo faccia, solo che devo nascondermi.  “Perché tu sei una persona forte”.

Ma vaffanculo.

Foto credits: dal web

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2 comments

  1. Chiara

    Io di aborti e ho avuto due e l’ultimo al terzo mese. Mi sono presa il tempo per elaborare il lutto, ho pianto tutti i giorni per settimane. Fino a quando pian piano il dolore è diventato accettabile. La forza sta nel rialzarsi e nel fare tesoro del dolore elaborato. È dura, ma nessuno dice che non lo deve essere.

    • Valentina Colmi

      Hai ragione Chiara (e scusa per aver visto solo ora). E’ dura, per questo non bisogna fare finta di niente. E – per quel che può valere – ti abbraccio forte.

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