Palmira Montrone e Loredana Tallarico: come la psicologia spiega la dpp

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‘La depressione post partum incide profondamente sul comportamento materno limitando l’espressione emozionale e la qualità degli scambi relazionali’.

Le psicologhe e psicoterapeute Palmira Montrone e Loredana Tallarico, che hanno spiegato che cos’è la depressione post partum sul sito, ci danno uno sguardo più ampio della dpp grazie alla loro esperienza professionale. Vorrei condividere con voi quello che mi hanno raccontato.

Quali sono gli effetti della depressione post partum?

La depressione post partum si ripercuote sulla donna, sull’interazione madre-bambino, sullo sviluppo psicologico e intellettuale del bambino, sulla coppia, sul sistema familiare e, in un secondo momento, sul sistema socio-sanitario.

In particolare, una donna che abbia sofferto di depressione post partum e’ a rischio di sviluppare  altre depressioni. Inoltre non va sottovalutato il rischio suicidario, soprattutto tra madri teenager e con diagnosi psichiatrica.

Inoltre, la depressione post partum incide profondamente sul comportamento materno limitando l’espressione emozionale e la qualità degli scambi relazionali. Le madri  depresse tendono a fare attribuzioni negative rispetto al comportamento dei bambini, dimostrandosi infastidite verso le loro iniziative di gioco; nella relazione appaiono poco responsive, fanno fatica a interpretare i segnali inviati dai figli e non riescono a soddisfare le loro esigenze primarie. Si focalizzano poco sull’esperienza dei propri bambini, verbalizzano più rispetto a se stesse, sulle proprie azioni, sull’ambiente esterno e non  sugli stati interni e le sensazioni.

Infine, gli effetti a lungo termine della depressione sono associati a persistenti svantaggi nel funzionamento del bambino quali disturbi dell’attenzione, disturbi di regolazione delle emozioni, disregolazioni neurofisiologiche quali coliche gassose, disturbi del sonno, problemi alimentari, deficit cognitivi. Non di rado si riscontrano disturbi depressivi in adolescenti figli di madri depresse croniche.

Secondo la vostra esperienza, la depressione post partum è legata a dei fattori ambientali?

Si, ma non solo. Nella genesi della depressione post partum sono coinvolti diversi fattori. Nello specifico, fattori biologici (cambiamenti ormonali), psicologici (presenza di psicopatologia personale e familiare, depressione e ansia in gravidanza, fattori di personalità, uno stile cognitivo fondato su scarsa autostima soprattutto in relazione alla maternità e visione catastrofica del mondo, il temperamento del neonato), fattori ostetrico-ginecologici (esperienza negativa della gravidanza, esperienza negativa e complicanze durante il parto), fattori ambientali (basso stato socio-economico), fattori culturali (l’idea idealizzata della maternità che non lascia spazio all’espressione di vissuti emotivi negativi e ambivalenti con cui invece non di rado le mamme si confrontano), fattori psicosociali (presenza di eventi stressanti, difficoltà nel rapporto di coppia, assenza o scarso supporto sociale).

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Perché dopo un aborto può insorgere la depressione post partum?

La gravidanza è un momento speciale nella vita di una donna ed è caratterizzata da un vissuto psichico ed emotivo molto particolare. Comporta un grande cambiamento maturativo e rappresenta un momento di passaggio tra passato e futuro. Comporta, inoltre, una profonda trasformazione del proprio corpo, del proprio ruolo e delle relazioni interpersonali. Questi fattori contribuiscono a determinare una risposta emotiva complessa alla gravidanza e  hanno un ruolo cruciale nel ridefinire l’identità stessa della donna. Pertanto, l’interruzione di una gravidanza può portare ad un eventuale scompenso psicopatologico.

L’aborto può rappresentare un fattore di rischio che aumenta la probabilità dell’insorgenza in una donna della depressione post partum, tuttavia non è sufficiente per l’insorgenza della stessa. Gli studi attuali indicano come a concorrere allo sviluppo del fenomeno siano chiamati a interagire fattori biologici, psicologici e sociali.

Diverse ricerche hanno tuttavia rilevato che le mamme, che in passato hanno perso bambini durante la gestazione, hanno una probabilità significativamente più alta di soffrire di ansia e depressione durante una successiva gravidanza, e ciò può continuare a verificarsi fino a tre anni dopo aver dato alla luce un figlio.

Le donne immigrate hanno più difficoltà ad affrontare un’eventuale depressione?

In generale la reticenza delle future mamme a parlare di depressione post partum e di accedere ai servizi territoriali specializzati sembrerebbe essere elevata sia nel caso di donne italiane che straniere. Tuttavia la popolazione di immigrati, che oggi rappresenta il 5-7% della popolazione a seconda delle aree di provenienza, è una popolazione portatrice di bisogni e di necessità che richiedono una lettura particolare anche rispetto alla depressione post partum. Secondo studi recenti, sembrerebbe che le donne immigrate sono più esposte alla depressione peri e postnatale perché presentano maggiori fattori di rischio. Tra questi lo stress derivante dal processo di acculturazione, le difficoltà linguistiche e culturali che limitano l’accessibilità ai servizi sanitari e sociali, le condizioni di vita disagiate, l’isolamento sociale e affettivo e la mancanza di un supporto familiare. Risulta pertanto evidente la necessità di stringere delle collaborazioni con associazioni, centri di ascolto e servizi attivi sul territorio per le donne immigrate.

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Che ruolo hanno i padri nell’insorgenza della depressione post partum?

Difficoltà nel rapporto di coppia, scarso sostegno e alti livelli di intrusività da parte del partner  rappresentano fattori di rischio per l’insorgenza della depressione post partum, in particolare se abbinati ad altri eventi di vita stressanti. Non è comunque ancora chiaro quali siano le caratteristiche di un adeguato sostegno da parte del partner e se i problemi di coppia sopraggiungano in seguito alla depressione o se sia la povertà della relazione ad innescare l’episodio depressivo.

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Secondo voi gli operatori sanitari sono abbastanza formati per affrontare la depressione post partum? Lo chiedo perché di recente l’osservatorio sulla salute della donna (Onda), ha reso noti i risultati di uno studio in cui si dice che, solo in Lombardia, 1 mamma su 3 soffre o ha sofferto di depressione post partum. Io stessa durante il corso pre-parto in ospedale non ho ricevuto alcuna informazione in merito.

E’ difficile generalizzare. In base alla nostra esperienza, possiamo dire che ci sono operatori maggiormente sensibili e preparati sul tema rispetto ad altri. Si può, tuttavia, affermare che deve essere ancora fatto molto per aumentare la sensibilità e la specificità delle procedure di screening per l’individuazione precoce del disturbo e per sviluppare competenze professionali specifiche nella valutazione delle capacità e delle motivazioni della madre nella cura del suo bambino, in modo da poter organizzare un sostegno appropriato.

Dall’altra parte, sappiamo che una precoce identificazione del rischio di depressione pre e post natale non porta necessariamente ad una richiesta d’aiuto.

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Le future mamme a loro volta sono abbastanza informate?

Non tutte le future mamme sono informate, in più non di rado le donne informate, per esempio nei corsi di preparazione al parto, tendono a prendere le distanze da tali informazioni mettendo in atto difese di evitamento da emozioni spiacevoli che non vorrebbero sperimentare in un periodo di vulnerabilità emotiva quale la gravidanza.

Che tipo di aiuto viene dato alle mamme che si presentano da voi pensando di avere la depressione post partum?

Data la multi fattorialità del fenomeno, noi proponiamo interventi integrati che agiscono su piani diversi a seconda della gravità della depressione post partum.

Una prima fase consiste in colloqui clinici e nella somministrazione di scale di valutazione della sintomatologia, della personalità e del funzionamento globale della persona, volti a confermare la diagnosi, il livello di gravità, e poter attuare interventi specifici e mirati, come un eventuale invio allo psichiatra, per integrare il trattamento psicologico con un trattamento farmacologico.

Per quanto riguarda il trattamento psicologico, questo puo’ prevedere il counseling individuale, la psicoterapia individuale, i gruppi di supporto e i gruppi di terapia. Il counseling risulta essere utile nei casi di depressione lieve e moderata, consiste nell’offrire ascolto empatico e sostegno emotivo, favorendo la consapevolezza, l’espressione delle emozioni e le abilità di fronteggiamento delle difficoltà. La psicoterapia individuale ha come obiettivo quello di ridurre la sintomatologia,  migliorare il funzionamento interpersonale, grazie a una maggior consapevolezza rispetto ai fattori di vulnerabilità correlati alla patologia, e favorire strategie di prevenzione delle ricadute. La terapia di gruppo, basandosi sul confronto tra mamme che vivono la stessa esperienza, facilita la riflessione e condivisione dei propri vissuti e la possibilità di far fronte al proprio disagio. Inoltre favorisce lo sviluppo sociale, spesso compromesso nelle neomamme.

Secondo voi parlare di depressione post partum è tabù tra le madri? Ve lo chiedo perché io quando racconto la mia storia, vedo sempre un lampo di terrore negli occhi dell’altra mamma, come a dire “oddio, esistono queste situazioni, ma non bisogna parlarne”.

Si lo è,  in quanto la depressione post partum fa paura e in più ce ne si vergogna.

L’immagine e le parole che usano i media per parlare di maternità possono in qualche modo influire nell’insorgenza della depressione post partum?

La donna, subito dopo il parto, sperimenta  a causa dei cambiamenti ormonali, un calo dell’umore e una certa instabilità emotiva; deve fare i conti con le continue richieste di attenzione e cura del neonato; deve adattarsi ad una nuova condizione di vita; deve integrare ai ruoli già presenti quello di genitore e affrontare eventuali difficoltà di coppia dovute al nuovo assetto di vita. Questi cambiamenti la portano inevitabilmente a sperimentare sensazioni di fatica e vissuti emotivi negativi ed ambivalenti in contrasto con le aspettative sociali che propongono un parallelismo tra la maternità e uno stato di totale benessere e realizzazione. I media pertanto possono influire nell’insorgenza di un quadro depressivo in una persona predisposta e sottoposta ad  altri fattori di rischio sopra menzionati.

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 Potete dirci qualcosa sugli interventi di prevenzione della depressione post partum?

Considerati l’incidenza e  gli effetti negativi della depressione post partum sulla madre, sul bambino e sulla relazione con il partner è necessario attuare appropriati programmi di prevenzione volti a:

  • individuare le donne a rischio di depressione o che già ne soffrono attraverso procedure di screening prima o subito dopo il parto;
  • sensibilizzare, informare e formare e sostenere la donna e la futura coppia genitoriale;
  • intervenire con trattamenti psicologici brevi laddove vi sia la presenza di fattori di rischio (ad es. donne con pregressi episodi depressivi o ansiosi, o sintomi depressivi sottosoglia);
  • effettuare una diagnosi precoce e avviare interventi per ridurne la durata.

Ad oggi non vi sono molte prove che un intervento informativo prima del parto possa ridurre l’incidenza della depressione post natale. Tuttavia, uno studio interessante ha messo in luce come un programma psicoeducativo in epoca perinatale sia in grado di aumentare la consapevolezza sulla depressione e sui propri eventuali sintomi, accrescere la propria abilità nel riconoscere lo stato emotivo e favorire l’accesso ai servizi per una richiesta di aiuto.

Attualmente, nonostante la conoscenza dei fattori predittivi di depressione postpartum, non vengono effettuati degli screening sulla popolazione delle donne a rischio, o comunque laddove venga svolto risulta in genere non sistematico.

I principali programmi di prevenzione primaria sono orientati ad approfondire le seguenti tematiche:

  • vissuti relativi all’esperienza della nascita;
  • difficoltà che si incontrano nella transizione al ruolo di genitori;
  • insicurezze e paure legate al ruolo di genitore;
  • riconoscimento dei fattori di rischio;
  • riconoscimento dei sintomi della depressione;
  • situazioni in cui è indicato richiedere aiuto;
  • fattori che aiutano a fronteggiare i problemi più frequenti;
  • centri idonei a cui rivolgersi.

 

Foto credits: dal web

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