Manuela Aloni, psicoterapeuta: “Le madri si sentono ancora troppo inadeguate”

Manuela Aloni

Oggi prosegue l’intervista con una professionista che si occupa di depressione post partum. Mi piace parlare con chi se ne occupa da vicino perché le risposte sono ogni volta diverse e fanno emergere aspetti sempre nuovi, utili per spunti di riflessione. E’ questo il caso di Manuela Aloni, psicologa e psicoterapeuta. Dopo la laurea in Psicologia Sociale e dello Sviluppo l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha seguito un corso biennale post-lauream in “Counseling per la comunicazione verbale del bambino” e successivamente si è specializzata in Psicoterapia con la Procedura Immaginativa presso l’Istituto Psiche e Immaginario di Milano. Ha poi allargato la propria  formazione professionale con i corsi di I e II livello di EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing), un metodo psicoterapeutico che, attraverso i movimenti oculari, facilita il trattamento di disturbi legati ad eventi traumatici o ad esperienze di vita stressanti. Attualmente, lavora come psicoterapeuta a Trezzano sul Naviglio (in fondo troverete i contatti che sono inseriti anche nella sezione “Aiuto”) e presso il reparto di riabilitazione dell’età evolutiva dell’Istuto Golgi di Abbiategrasso. Continua a leggere…

Erika Zerbini e il coraggio di parlare del lutto perinatale

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Erika Zerbini è una delle donne più forti che conosca (anche se solo virtualmente). Mi ha spesso sostenuto durante questo percorso di divulgazione della depressione post partum – parlando benissimo anche del mio libro “Out of the blue” – io non posso fare altro che ricambiarla. Perché lei si batte da tempo per far conoscere un argomento tabù, che nella maternità non deve nemmeno essere nominato: il lutto perinatale. Purtroppo – esattamente come accade con la depressione post partum – se si viene colpiti da questo tipo di dolore bisogna fare finta di niente. Andare avanti. Abbozzare magari un mezzo sorriso quando ti dicono “beh, ma puoi farne un altro”, oppure “andrà meglio la prossima volta”, come se quelli che si hanno avuto in pancia fossero solo dei grumi di cellule e non individui già formati. Io non ci sono mai passata e non trovo magari bene le parole, per cui lascio a lei il racconto della sua storia (in fondo troverete l’indirizzo del suo libro e i libri di cui è autrice).  Continua a leggere…

Non è vero che le madri lo sanno.

depressione post partum

Ieri sono stata dalla mia psicologa per il nostro incontro mensile; ormai, più che una seduta di psicoterapia è diventato un momento in cui mi alleggerisco delle mie “scarpe pesanti”. Sono giorni piuttosto impegnativi – anzi settimane impegnative – e delle volte ho proprio l’impressione di non farcela più.

Non è però di questo che vi vorrei parlare, ma di una riflessione che ho fatto da quello che mi ha detto: Continua a leggere…

Depressione post partum: una riflessione sui gesti estremi

Depressione post partum

I fatti di cronaca di questi giorni non possono non farmi pensare a quanto sia difficile – a volte insopportabile – essere madre. Prima la mamma di Loris, poi la donna russa che ha dichiarato di aver affogato il proprio figlio di 9 mesi tra le acque della Liguria. Cosa sta succedendo?

Mi hanno colpito molto le parole della scrittrice Simona Vinci che sulla pagina personale di Facebook ha scritto: “nonostante l’orrore e l’angoscia e la paura che, come a tutti, provocano in me storie di cronaca che raccontano gesti estremi compiuti da una madre penso che dovremmo fare silenzio, smettere la toga del giudice, arrenderci all’evidenza dell’abisso che purtroppo può aprirsi dentro un essere umano. Non parlo di pietà, non parlo di empatia, parlo di pudore“. 

Pudore. Apro il dizionario e leggo tra i significati: “estens. Ritegno, vergogna, discrezione, senso di opportunità e di rispetto della sensibilità altrui”. Io non giustifico – sia chiaro – gesti così estremi, ma provo a capire. Certo, il primo pensiero è che non esistono motivi sufficienti per compiere un infanticidio. E’ vero: non ce ne sono, però credo che queste madri, ognuna con la sua storia, sia stata a proprio modo profondamente ed infinitamente sola. E la solitudine, credetemi, è la bestia più subdola che possa esistere. 

Perché quando ci si sente sole e si sta sole tutto il giorno con il proprio bambino mentre sembra che tutti abbiano una vita al di fuori di te, cominci a percepire tuo figlio – che magari avevi anche tanto desiderato – come un ostacolo alla tua libertà. Ci sono donne, come lo ero io, che non sono preparate a essere madri. O perché lo diventano improvvisamente o perché per il proprio passato (o presente, magari per la mancanza di un compagno) non riescono a conciliare la loro nuova identità.

La mamma di Loris ha una storia difficile, mentre la donna russa forse non era più legata al padre di suo figlio. Ripeto, non è giustificabile, ma quando non hai accanto nessuno a cui gridare che stai male, l’unica via possibile ti sembra una sola per non affogare nell’abisso. Non dimentichiamoci che ancora oggi per molte donne è difficile chiederlo questo aiuto. Perché pensano di essere delle cattive madri o perché – ancora peggio – non lo sanno che si può. Non c’è adeguata informazione, non c’è adeguata prevenzione.

Da qui secondo me la fondamentale importanza dei corsi pre parto: non si tratta solo di momenti in cui si parla di tutine, cambio di pannolini, allattamento e via discorrendo, ma di incontri fondamentali per la mamma e i papà sui cambiamenti profondi a cui andranno incontro, sull’emotività. Per questo bisognerebbe dare più spazio alle emozioni, anche negative, alle paure delle future mamme e se ci sono situazioni di rischio segnalarle allo psicologo per iniziare -prima – un percorso terapeutico. Qualcuno già lo fa, ma è la minoranza.

Quando vogliamo cominciare a cambiare le cose? Perché dalla depressione post partum non si guarisce andando in vacanza.

Foto credits: Gisella Congia