Un papà e la depressione post partum: “Abbiamo battuto il mostro, ma quanta paura”

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Oggi una bellissima testimonianza di un papà, Andrea Luigi, che racconta come ha vissuto la depressione post partum della moglie. Questo per ricordare quanto sia fondamentale il ruolo del marito e del compagno nella creazione della famiglia. Vi lascio alle sue parole, buona lettura.

Il nostro incontro con la DPP comincia come tutti gli altri presumo, uno stick con due linee colorate che mia moglie Daniela mi presenta  una tranquilla mattina estiva, esattamente il 5 luglio 2011, e parlo di ” nostro incontro ” perché quando ami una persona come io amo la donna della mia vita, quando sta male lei sto male anche io.

Ripensandoci ora ad anni di distanza mi rendo conto di quanto carico si porta dietro una notizia del genere, speranze, sogni, paure ed emozioni tutto racchiuso in quel pezzetto di plastica,  passi la giornata tra il felice ed il frastornato consapevole che una vita è in arrivo e tu hai contribuito a metterla al mondo.

La gravidanza di mia moglie è andata tutto sommato bene, pochi giorni dopo il lieto evento e complice il mio amore per la cucina, sono stato eletto cuoco ufficiale della famiglia, ruolo che ricopro ancora oggi malgrado le nausee siano sparite da tempo con estrema felicità, sono sempre stato molto attivo in casa e la pancia che cresceva mi ha spronato a fare qualcosa in più.

Ho cercato di esserci alle visite più importanti, ho sempre pensato che la donna debba sentire la presenza del suo compagno anche durante il percorso di avvicinamento al parto;  la coppia deve essere unita, a differenza di quante donne purtroppo ho visto vagare da sole nelle sale dove si fanno queste visite. Io c’ero ed ero fiero di esserci, pronto a recepire ogni più piccola informazione sull’ andamento della maternità.

Tuttavia nei reparti dell’ ospedale e poliambulatori della Spezia ho incontrato persone che con i loro sguardi mi facevano sentire di troppo, nulla di dichiarato per l’ amor del cielo, una sensazione personale dovuta anche al fatto che mi ignorassero completamente, durante l’ amniocentesi  ed i momenti  successivi, l’interesse e la preoccupazione sono tutte per la madre del piccolo ma lo sguardo dell’ infermiera di turno mi è sembrato più infido di una coltellata nei reni, qualcosa tipo ” servite solamente per quei 30 secondi necessari all’ inseminazione “, sensazione che ho rivissuto durante altre visite.

Ricordo perfettamente l’ attesa per i risultati dell’ amniocentesi e del  tampone, e la preoccupazione che la pargoletta che aspettavamo potesse avere malformazioni o problemi, invece tutto è andato come doveva andare fino a quel pomeriggio.

Era quasi l’ ora di cena, io ero già in cucina a preparare, mia moglie mi chiama dal bagno e mi dice che aveva sentito una strana sensazione al basso ventre, aveva appena fatto in tempo a sedersi sul water, aveva assistito ad una vera e propria cascata, aveva perso il tappo era il momento di andare in ospedale. Con un giro di telefonate abbiamo sistemato Alessandro il nostro primo figlio, da una amica, eravamo preparati ed avevamo pianificato ogni possibile inconveniente.

In ospedale mia moglie veniva subito visitata, ci confermarono la rottura del sacco amniotico e la  perdita del tappo,era partito il conto alla rovescia entro 12 ore doveva nascere Sara.  Ci trovammo di fronte ad un problema, il medico in servizio in quel momento escludeva a priori il parto naturale, dalla nascita del primo figlio nel 2002 erano passati quasi 10 anni quindi non si capiva il motivo di questa decisione. Nel successivo colloquio il medico giustificava la scelta per la mancanza di anestesisti, se qualcosa fosse andato storto durante il parto naturale non ci sarebbe stata la possibilità di fare l’ anestesia. Io andai su tutte le furie, mia moglie stava per partorire in un ospedale del Nord Italia nell’anno 2012 e non c’ era un cazzo di anestesista di turno? Nel reparto si creò una specie di movimento: da una parte io, mia moglie, l’ostetrica di turno e un gruppo di infermiere accanite sostenitrici del parto naturale (o quanto meno di provarci) dall’ altra, il medico ed il suo staff convinti del cesareo. A quel punto intervenne il primario che convocato il medico insieme a noi, garantiva qualora ce ne fossero state le condizioni un parto naturale, in barba al medico che si era già segnato sul suo totem un’ altra tacca.

In ospedale tra cesareo e difficoltà di allattare 

La Natura però aveva già deciso, alle dodici dell’ indomani le contrazioni non si erano fatte vedere e mia moglie fu preparata per il cesareo. Alle 13:05 stringevo Sara Luisa tra le mie braccia, la annusavo, la baciavo e la cullavo aspettando la mamma che sarebbe dovuta uscire a momenti. Passò più di un’ora ed ormai in preda all’ agitazione chiesi se era tutto a posto. Mi risposero di si, ma il mio intuito mi disse qualcosa d’ altro. Solo dopo seppi che durante le operazioni di incisioni dell’ addome, mia moglie si accorse di non essere stata anestetizzata, la puntura spinale di anestesia era stata fatta male, andava fatta  a totale mentre l’ addome di mia moglie era già aperto e si preparavano a tirare fuori la neonata,alla faccia del tutto a posto. Ho apprezzato la sincerità dello staff medico, altro segno della loro professionalità!

Sara era nata, la mamma stava bene,la bimba stava apparentemente bene ma i giorni successivi sono ancora indimenticabili. Questa povera creatura succhiava ma la montata lattea non era arrivata e la sua fame si era dimostrata fin da subito molto importante, nonostante lo scambio di opinioni con lo staff infermieristico alla bimba non veniva dato nessun supplemento di alimentazione e di conseguenza piangeva a dirotto. Solo dopo il secondo giorno post parto un’ infermiera si è presa la briga di ascoltarci, pesata la bimba notava un calo di oltre 300 grammi in 48 ore ed allarmata avvisava lo staff, aveva fame poverina e mia moglie era distrutta per le poche ore di sonno e dal dover fin da subito badare alla neonata pur avendo uno squarcio di 10 cm nell’ addome.

Inutile dire che siamo scappati dal quel reparto infernale appena possibile, la bimba con un calo corporeo di oltre 500gr dalla nascita, ho pensato che se la portavo a partorire in Burundi in una capanna di paglia ci saremmo trovati meglio, il questionario sull’ esperienza ospedaliera compilato appena prima di lasciare l’ istituto era rovente come il mio stato d’ animo.

Eravamo partiti veramente male, ma speravo che una volta a casa le cose si sarebbero sistemate, quanto mi sbagliavo! Quello che avevamo passato era solo l’ anticamera di quello che avrebbe portato lei sulla porta della Depressione Post Parto e anche me in uno stato di profonda preoccupazione.

Nel periodo successivo l’ allattamento si rivelò un disastro, la bimba aveva molta fame e la montata lattea di mia moglie non era sufficiente, occorreva quindi integrare con l’ artificiale. Il problema si presentava alla poppata successiva, la bimba non ne voleva più sapere di attacarsi e piangeva insoddisfatta fino all’ arrivo del sospirato biberon. Dopo un periodo di prove e delusioni mia moglie ed io decidevamo di sospendere l’ allattamento, solo dopo, parlando di questo in un forum, abbiamo scoperto che ci sono tecniche per riavvicinare il neonato al capezzolo e continuare l’ allattamento misto con successo.

Quando sei preso dalla disperazione cerchi sempre l’ uscita più vicina!

Tutto sommato con l’ avvio dell’ allattamento artificiale la situazione sembrava calmarsi, la bimba si è dimostrata fin da subito impegnativa ed io da bravo papà cercavo di alleggerire il più possibile la posizione della mamma, occupandomi di molti aspetti della vita quotidiana, entrambi conoscevamo bene la depressione post parto e tutte quelle situazioni che portano una mamma a finirci dentro a piedi pari, i nostri trascorsi sul forum di Nostro Figlio con Deborah Papisca ed Enrica Costa  ci avevano largamente preparati almeno a livello teorico.

La scoperta della depressione post partum

Purtroppo la realtà era ben altra. Un giorno che non dimenticherò mai , al rientro dal lavoro, lei mi disse di prendermi la bambina, non la sopportava più, gli veniva voglia di gettarla dal balcone, poi si chiuse in camera a piangere a dirotto, non avevo mai visto mia moglie in quello stato, ero molto agitato!

Capii subito che malgrado la nostra conoscenza del problema c’ eravamo dentro fino al collo e in quel momento mi sentii davvero frustrato. Avevo fatto tutto quello che era in mio potere  per evitare questa situazione ma non ci ero riuscito, una sensazione di fallimento mista alla paura concreta che alla bimba ed alla mamma potesse succedere qualcosa. Non mi vergogno a dire che quella sera piangemmo molto tutti e due, ci sentivamo agguantati in una morsa da cui non ti puoi liberare. Nei giorni successivi ero molto giù anche se cercavo in tutti i modi di  darlo a vedere, contattai subito le nostre amiche del forum per chiedere consigli specifici e pratici per passare subito all’azione.

Da quella sera cominciai a dormire sul divano con la culla della bimba vicino, in modo da permettere a lei di dormire tutta la notte, ogni volta che il lavoro me lo permetteva mi assentavo e tornavo a casa per prendermi cura di Sara. Ho spronato mia moglie ad uscire, a cercare le sua migliora amica e organizzare uscite insieme a lei. Nei giorni successivi abbiamo preso contatto con il gruppo del corso pre parto, mi aveva parlato di una ragazza molto brava laureanda di psicologia che aveva partecipato al corso come esperta nel disagio psicologico, mia moglie era malata ed io dovevo intervenire subito, non c’ era un attimo da perdere.

La rinascita 

Ha preso appuntamento con questa psicologa per il giorno dopo e per fortuna si è rivelata la carta vincente, malgrado economicamente non potessimo proprio permettercelo, le ho detto di continuare a vederla, i soldi li avrei recuperati facendo più straordinari.

Fin dai primi incontri ho notato che qualcosa in lei si era placato, cominciava finalmente a far uscire il mostro che si dimenava dentro di lei ed il rapporto con la bambina migliorò sensibilmente nelle settimane successive. Più avanti quando le cose sembravano andare un po’ meglio ha avuto qualche piccola ricaduta, qualche momento di sconforto e disagio nel rapporto con la piccola Sara, gli incontri sono proseguiti diversi mesi finche lei stessa ha deciso di sospendere la terapia, malgrado avesse piacere di continuare l’ impegno economico era di alto livello e lei stessa si considerava fuori pericolo.

Ce l’ avevamo fatta, l’ avevamo sconfitta quella brutta malattia ma la sensazione che ho provato in quel momento quando mi sono reso conto che soffriva depressione  post parto, mi accompagnerà per tutta la vita, ancora oggi quando leggo articoli sulla dpp, torno con la mente a quei momenti e spero che quella richiesta di aiuto venga raccolta da qualcuno come io ho raccolto quella di mia moglie.

A distanza di anni la nostra strada e quella della psicologa che ha guarito mia moglie si sono incrociate di nuovo, questa volta in aiuto del nostro ragazzo di 13 anni Alessandro che ha affrontato un disagio legato alla crescita.

Foto credits: da facebook

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