Chiara di Machedavvero?: “Sulla maternità troppe cose non dette”

chiara cecilia santamaria

‘Il sorriso di un figlio può ripagarti di cento notti insonni, ma nessun figlio può restituirti te stessa, se hai deciso di rinunciarci’.

Chiara Cecilia Santamaria non ha bisogno di presentazioni: nel 2008 ha aperto  Machedavvero?, uno dei primi esempi di mommy blog a godere di enorme popolarità in rete, tanto che dai suoi racconti on line è nato anche un libro, Quello che le mamme non dicono (lo potete trovare anche nella sezione Cosa puoi leggere).

Un grande pregio di Chiara è la schiettezza: ha sempre affrontato la maternità senza essere stucchevole, anzi ha avuto il coraggio di parlare di aspetti dell’essere madre non piacevoli, evidenziando la fatica, il mondo sconvolto, le difficoltà quotidiane.

E’ con lei che ho deciso di aprire quest’angolo intitolato “La parola alle mamme”.

Chiara, il successo del tuo blog nasce dal fatto che sei stata una delle prime mamme a sdoganare il mito della maternità. Hai parlato del tuo stato d’animo dopo la nascita di Viola, hai detto che hai sofferto di baby blues. E non a caso hai intitolato un post “Cose che non si dicono“. Secondo te invece a distanza di qualche anno sono cambiate le cose riguardo a come si parla del baby blues e della depressione post partum?

Sicuramente la rete ha aiutato molto. Mentre in altri Paesi come UK o America il fenomeno delle mamme online era già esploso, nel nostro Paese si parlava di maternità ancora poco e ancora nella ‘vecchia maniera’, ovvero dipingendolo come un momento dolce e ovattato, senza ombre. Il blog è nato anche perché non mi riconoscevo in questa immagine stereotipata e unidimensionale di madre, e ho deciso di dire la mia.

Qual è la più grossa bugia che ti hanno detto sulla maternità?

“I figli ti ripagano di tutto”, lasciando sottinteso che una volta avuto un figlio si deve rinunciare a tanto, se non a tutto. E’ sicuramente vero che i figli sono un dono, che finisci per amarli alla follia e faresti di tutto per loro. Ma questa frase, questa convinzione che basti avere un figlio per mettere a posto questioni irrisolte e sentirsi appagate e felici, è una grande balla. E’ importante cercare di rinunciare il meno possibile a ciò che ti appassiona, ti fa sentire viva, ti gratifica e ti stimola. Il sorriso di un figlio può ripagarti di cento notti insonni, ma nessun figlio può restituirti te stessa, se hai deciso di rinunciarci.

Tu hai seguito il corso pre parto? Pensi che sia stato utile? Ti hanno parlato della DPP?

Ho frequentato una lezione e ci ho trovato madri di sei-sette anni più grandi di me capaci di addormentarsi non appena l’ostetrica proponeva un esercizio di respirazione. Proprio non faceva per me. Ho partorito con un cesareo d’urgenza quindi non saprei proprio se i corsi preparto servano o meno. E non so cosa sia la DPP, se lo sapevo l’ho rimosso…

Come ti sei trovata con il tuo “nuovo” corpo?

Ho avuto un orribile rapporto con l’allattamento ma il lato positivo è che in pochi mesi sono tornata più magra di quando ero rimasta incinta… solo con più tette. Un sogno!

Avevi paura di stare sola con Viola? Avevi pensieri catastrofici, tipo che la bambina potesse non star bene e tu non sapessi come aiutarla? Te lo chiedo perché io ne ho avuti e volevo capire se è un’esperienza comune.

No, non avevo pensieri di questo tipo ma spesso mi sentivo incapace, e anche la continua offerta di aiuto di mia madre e mia suocera non facevano che amplificare l’impressione ‘da sola non puoi farcela’. Inoltre quando Viola, a sei mesi, ha smesso di dormire e io ero sull’orlo di un esaurimento nervoso, non volevo stare da sola con lei per paura di urlarle o farle del male. Ero così esausta, stanca, sfibrata, che un pianto ininterrotto di due ore non mi avrebbe più fatto rispondere di me, per questo spesso la portavo da mia madre. Guardandomi indietro avrei voluto provare a stare sola con lei un po’ di più, ma la mia gravidanza è stata talmente particolare che non so dire cosa sarebbe stato meglio per lei, per noi.

Dopo che è nata mia figlia, la sensazione che mi accompagnava non era felicità, ma rabbia perché non mi avevano parlato di quanto sarebbe stata dura, delle difficoltà dell’allattamento, della vita stravolta. Tu come hai superato quei momenti?

Scrivendo sul blog, e scoprendo che il 90% delle mamme la pensava come me. Ricevo tuttora lettere e mail da parte di madri a cui il mio blog o il mio libro hanno in qualche modo ‘dato voce’, e ne sono molto felice. Se ne dovrebbe parlare di più, e senza vergogna.

Cosa pensi che serva davvero alle neo mamme? Più supporto in ospedale, più aiuto, comprensione del compagno e della famiglia, più informazioni su dove chiedere aiuto?

Più ascolto non solo come madri, ma anche come donne. A volte è più utile una tata che tiene la bimba e un’amica che ti porti fuori a bere qualcosa. Momenti in cui ti riconnetti con la persona che eri prima, e scopri che puoi continuare ad esserlo. Chiaramente serve anche supporto logistico e formativo, quindi sapere di poter contare su una rete di supporto che inizia dall’ospedale e termina con il partner è fondamentale.

Per mia esperienza la rete è stata fondamentale: nei giorni in cui mi sentivo triste leggevo sui forum di mamme e sul tuo blog testimonianze di donne che la pensavano come me. Vuol dire che i canali tradizionali (consultori, associazioni a sostegno della maternità….) non sono efficaci?

E’ solo più difficile ‘confessarsi’ dal vivo a perfette sconosciute, cosa che invece si fa in rete. Dietro un nickname si riesce spesso a parlare a cuore aperto, dire cose che non si riuscirebbero a dire a nessuno, forse nemmeno alla terapeuta di un consultorio. La maternità è ancora avvolta da enormi tabù, che fanno sentire tremendamente in colpa chi prova sentimenti diversi da quello che ci hanno insegnato essere ‘normale’, ‘l’ordinario’. Normalità, secondo il mondo, è una madre che tutto sommato sopporta le difficoltà con il sorriso e rinuncia a gran parte della sua vita perché, in fondo, i figli ripagano di tutto. Ma non è sempre così, ogni caso è diverso, ogni madre ha il diritto di ammettere di provare sentimenti ambivalenti nei confronti del proprio figlio. E’ di questa ambivalenza che nei canali ufficiali non si parla mai, quella che invece viene fuori chiara, chiarissima, nelle conversazioni in rete.

Foto credits: instagram machedavvero

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