Su Marina Abramovich e la maternità che mi ha reso migliore (grazie alla depressione post partum)

Dal web

Dal web

Allora, io la capisco Marina Abramovich. Ci sono delle donne che non si sentono votate a fare le madri, alle quali i bambini danno fastidio, che non sopportano di dover cambiare pannolini quando sono piccoli o di aspettare i figli adolescenti dalle uscite serali. E poi la scuola, le malattie, le difficoltà di una vita che si muove ed è altro da sé. 

Non sono d’accordo sui tre aborti attuati perché “la maternità sarebbe stata un’ostacolo alla carriera”. Insomma, se una sa che non vuole figli si attrezza perché non capiti, ma questo è un ragionamento che probabilmente faccio io che sono una donna del mio tempo (anche se ne dubito, visto le performance artistiche in cui l’artista ha messo in scena il proprio corpo, quindi ha dimostrato di conoscerlo bene).

Io credo che si debba avere il coraggio di parlarne. Di dire la verità: “Non voglio bambini perché non mi piacciono, perché la cosa più importante sono io”. Non c’è da meravigliarsene. Le donne hanno il sacrosanto diritto di scegliere se procreare o no, perché non si possono mettere al mondo figli destinati a ricercare per tutta la vita la figura materna che non hanno mai avuto e magari scappata chissà dove solo perché la società ci dice che si è complete solo con dei bambini.

E’ vero. I figli – in un Paese come il nostro – sono un’ostacolo alla carriera. Se una è ambiziosa non può fare entrambe le cose. Forse non vi piacerà sentirvelo dire ma è così. Se una ricopre un posto di responsabilità non ha il tempo per preparare pappe, pulire sederi e mettere a letto la prole. Non si tratta di mancanza di volontà, ma di tempo e di priorità. La giornata è di 24 ore e se la maggior parte della giornata è dedicata al lavoro, beh, i conti sono presto fatti.

Marina Abramovich non ha detto nulla di scandaloso, secondo me, solo che è un tabù.  In quante anonime l’hanno fatto per lo stesso motivo?

Io invece faccio parte di quelle persone che hanno capito più a fondo il “midollo della vita” da quando sono nate le proprie figlie. Certo, sono sempre preoccupata, in ansia, mi arrabbio e spesso non riesco a concentrarmi su quello che devo fare, ma è grazie a loro che mi sono data una regolata. Ho (quasi) smesso di essere io stessa una bambina viziata, senza pensieri, con la visione di un mondo fatato dove qualcuno prima o poi mi avrebbe aiutato.

Ho capito di avere una forza straordinaria, di essere in grado di affrontare gli imprevisti, di saper stare sveglia la notte quando prima lo ritenevo impossibile. Ho capito di poter fare 3 cose insieme, ho capito quanto il tempo sia prezioso perché me lo vedo tutti i giorni crescere davanti agli occhi.

Grazie alle mie figlie ho scritto il mio ebook “Out of the blue – Rinascere Mamma“, ho cercato nuove collaborazioni, ho voluto migliorarmi perché io – ma soprattutto loro – possano essere fiere di me. Io ce la metto tutta e loro mi insegnano ogni giorno.

E non per questo mi sento migliore.

Leave a Reply

*

Next ArticleErika Zerbini e il coraggio di parlare del lutto perinatale