Depressione post partum: quando il senso di inadeguatezza arriva dalla pubblicità

Depressione post partum

Non so se avete visto il nuovo spot di una nota marca di prodotti per l’infanzia. Secondo me la comunicazione deve fare ancora passi da gigante in materia di maternità: sarà perché i creativi sono uomini? Quando ho visto questa pubblicità sono rimasta abbastanza perplessa. Credo sia piena di luoghi comuni e che il messaggio sia sbagliato per due motivi:

– Ovviamente si deve vendere, ma dire che la scatola del latte artificiale ti permette di trovare la tranquillità nel nuovo status di mamma mi pare eccessivo (e lo dice una che non ha allattato la figlia). Certo, il latte in questione è quello di crescita che si dà ai bimbi a partire dal primo anno, ma ci sono fior di mamme che continuano ad allattare per un periodo più lungo e che non sentono il bisogno di dare il latte artificiale. E poi… bastasse il latte in polvere a risolvere la stanchezza o la febbre di un bambino! Io ne avrei ordinati subito dei camion interi.

– Il secondo motivo è che secondo me ci si basa ancora su un’idea vetusta e assolutamente fuori dal tempo legata al concetto di maternità. Si danno per certe e assolute delle idee che sono molto personali: quando mai si diventa mamme nel momento in cui lo si scopre? L’esperienza delle mamme che ho riportato anche in post-partum insegna il contrario. E poi ancora una volta: l’ istinto materno che tutto può e tutto risolve che cos’è?

Il titolo di questo post vuole essere provocatorio, però in Rete, senza andare troppo lontano, ci sono fior fior di testimonianze di mamme che non vivono il proprio essere genitore alla maniera delle pubblicità. Le aziende che hanno le madri come target di consumatori non potrebbero conoscerle meglio? Poi, per carità l’importante è invogliare all’acquisto e quindi ci può stare che uno spot non sia veritiero ma verosimile. Eppure qualche volta un po’ di sincerità farebbe tanto comodo.

….Buon anno a tutti comunque!

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